Trovati a Gambettola (Forlì) parte dei rottami dei tre aerei MB339 delle Frecce Tricolori scontratisi in volo il 28 agosto del 1988 durante una manifestazione presso l’aeroporto della Nato a Ramstien in Germania. Nella tragedia perirono il tenente colonnello Ivo Nutarelli, solista della formazione acrobatica, il pari grado e capo formazione Mario Naldini e il capitano Giorgio Alessio. Il Macchi di Nutarelli, ormai meteora impazzita nel cielo privo del muso e con il carrello misteriosamente abbassato, precipitò sul pubblico uccidendo sessantasette persone e ferendone oltre trecento. Una pagina nera che l’Aeronautica Militare Italiana sembra voler cancellare dalla propria storia infatti il fratello di Ivo Nutarelli, che abita a Rimini, ha lamentato su queste pagine della “Voce di Romagna” il fatto che di quegli aerei non resti più nulla. Non è così, qualcosa a tanti anni dalla tragedia resta e, forse, potrebbe ancora parlare e dire se fu vero incidente oppure, come da molti ventilato, il tentativo riuscito di non far testimoniare al processo su quanto videro e sentirono la notte del 27 giugno del 1980 i comandanti Nutarelli e Naldini che erano in volo con un caccia biposto TF104G nei pressi del DC-9 dell’ Itavia quando precipitò nel mar Tirreno in prossimità dell’isola di Ustica per cause ancora inspiegabili. Quello che resta dei pezzi sono ora in possesso di Federico Placucci storico demolitore di Gambettola, ormai in pensione, con magazzino nei pressi della stazione ferroviaria.
Intervista ad un demolitore romagnolo
Federico, come sei giunto in possesso di questi pezzi?
“E’ una storia un po’ lunga. Dopo l’incidente i rottami vennero raccolti dai tedeschi e messi in alcuni container ed abbandonati da qualche parte senza nessuna cura infatti l’acqua piovana ha fatto molti danni ai reperti. Dopo circa dieci anni i contenitori furono portati in Italia e depositati presso la sede delle Frecce Tricolori nell’aeroporto di Udine – Rivolto e qui l’Aeronautica Militare decise di venderli. Furono acquistati da un rottamatore di Gambettola, portati qui e molte parti come le ali acquistati dal museo dell’aeronautica di via S. Aquilina a Rimini con l’intento di esporli al pubblico. Ma qui non rimasero molto. Perchè? Mah! Secondo me perchè l’aeronautica si rese conto di aver commesso un errore a vendere i pezzi, forse ritenendo l’incidente di Ramstein una macchia da cancellare in tutti i modi. Li ritirò dai titolari del museo in cambio della costruzione di un monumento con all’interno alcuni pezzi non visibili”.
Dove sono poi andati i rottami?
“Tornati ai rottamatori furono avviati alle fonderie, ma so che alcuni tornarono indietro perchè radioattivi”.
Come sei giunto in possesso dei reperti che conservi?
Tra tutti questi passaggi mi sono inserito io nell’acquisto del maggior numero di rottami possibili che erano svariati quintali. Lo feci per mestiere, infatti ho venduto la maggior parte di questi, ma alcuni li ho tenuti come un cruscotto completo e pezzi di carlinga oltre a materiale vario”.
Che cosa ti ha colpito di più nel vedere quella mole di rottami?
“Tante cose come il fatto che ogni pezzo era schedato e corredato di un foglio, quasi una mappa, per indicare dove era stato prelevato. Ad esempio i tedeschi hanno controllato ogni cruscotto e smontato molti orologi sicuramente per prendere dei dati sul volo al momento dell’impatto. Tutti quei fogli sono stati dispersi perchè i rottami vennero ammucchiati all’aperto. Acquistai anche un pezzo di carlinga della lunghezza di un paio di metri, al suo interno ho trovato uno scarponcino di volo di un pilota oltre al fodero del coltello che ognuno di loro portava allacciato alla caviglia. In particolare mi ha colpito una piccola radio trasmittente del kit di sopravvivenza spezzata nel punto più solido, indice questo della violenza dell’urto”.
Quali pezzi ti restano?
“Il vil denaro mi ha fatto vendere molti oggetti come i canotti di salvataggio in quanto acquistai diversi sedili ancora completi di tutto il kit di sopravvivenza, ma conservo alcune parti di cruscotto, materiali vari , pezzi del rivestimento della carlinga con il logo delle Frecce Tricolori”.
Si può risalire a quale pilota fosse al comando del velivolo di cui conservi i pezzi?
“I pezzi che ho sono stati presi nel mucchio, quindi è difficile risalire a quale velivolo appartenessero. Tuttavia l’analisi dei cruscotti in mio possesso con i vetri frantumati dall’urto e praticamente congelati al momento dell’incidente ad un esperto di volo potrebbero dire molto circa il velivolo di appartenenza e quindi scoprire il pilota. Il nome di uno questi potrebbe essere ricavato da alcuni numeri di matricola come la targhetta, in mio possesso, di motore che in questo caso è il Viper -Rolls Royce – Fiat modello 632-43 numero di serie Vl 632090 oppure dal sistema radio come Radio Call 54552”.
Federico, cosa pensi nel vedere questi pezzi?
“Mio padre iniziò questa attività di demolitore nel lontano 1924 ed io l’ho proseguita fino ai primi anni del 2000 per smettere perchè fra lacci e laccioli non era più possibile proseguire. Gran parte del mio lavoro è stato quello di demolire materiale militare che acquistavo nelle varie aste nazionali, ma la mia non è mai stata un’attività impersonale, in parte vivevo quei mezzi guidati un tempo da uomini è questo è stato un mio punto d’onore conservare quanto potesse avere un valore ideale e personale. Un rottamatore vede solo il valore commerciale del materiale, io invece mi sento demolitore perchè vedo anche l’aspetto artistico e in questo caso quello sentimentale di ciò che mi passa davanti. Non mi interessa se a Ramstein fu incidente o altro, so che sono testimonianza di uomini coraggiosi”.
Fonte: RomagnaNoi.it