Ha raccontato la sua esperienza, da quando «giocando a calcio mi distraevo per guardare gli aerei che passavano in cielo» a quando «ho iniziato la carriera militare, entrando nella accademia aeronautica». E’ così che il Maggiore Stefano Centioni ha spiegato ai ragazzi raccolti nell’aula magna dell’ISIS Ponti come ha fatto a diventare uno dei 10 piloti della Pattuglia Acrobatica Nazionale, meglio noti come Frecce Tricolori.
Davanti a molti ragazzi, la gran parte dei quali dell’istituto aeronautico, il Maggiore ha ripercorso la sua carriera che, per intenderci, comprende oltre 160 esibizioni a bordo delle Frecce Tricolore per complessivamente circa 2.000 ore di volo. Nel ripercorrere la sua carriera parte dalle molte volte in cui aveva fatto domanda per l’accademia aeronautica «fino a quando sono stato preso». Da quel momento «anche se non sono mai stato uno studente modello, ho iniziato a studiare a fondo perchè quei libri erano gli unici ostacoli tra me e il mio sogno». Poi ci sono stati gli anni di formazione in America per imparare a pilotare fino a quando «non sono stato segnalato per le Frecce Tricolori». Una dura selezione lo ha portato oggi a guidare uno di quegli aerei («io sono nel lato con il fumo verde», precisa) ma oggi «mi sento estremamente orgoglioso di rappresentare la mia nazione durante le esibizioni». E nonostante «faccia ovviamente piacere essere applauditi e fotografati» il Maggiore ricorda che «dietro di noi c’è una grossa squadra senza la quale noi non potremmo in alcun modo volare».
Più che una squadra, più che un gruppo «noi siamo in realtà una grande famiglia». Stefano Centioni spiega infatti che «a prescindere dal fatto che servono piloti bravissimi» durante le selezioni per la Pattuglia Acrobatica «valutiamo anche il rapporto umano che si viene a formare» perchè «specialmente nei momenti problematici ciò che importa non è tanto la preparazione o l’addestramento quanto la fiducia reciproca». Proprio per questo «indipendentemente dalla strada che deciderete di intraprendere» l’invito del Maggiore è quello di «sentirvi sempre uniti, come una famiglia».
Fonte: officinacontemporanea.it