Riportiamo integralmente un “pezzo” pubblicato su Corriere.it che racconta l’attività di Piercarlo Ciacchi, ex pilota militare e già nel team delle Frecce Tricolori, ora impegnato negli Stati Uniti.
L’ex pilota dell’Aeronautica Militare, con un passato alle Frecce Tricolori, oggi vive in Florida. Lavora per la Starfighters Aerospace replicando, con i velivoli F-104, i voli suborbitali per aziende e piloti. Tra coraggio, anticonformismo e gestione degli insuccessi, ecco come si racconta
Sul suo casco ha fatto scrivere: «Logic will get you from A to B. Imagination will take you everywhere». Una frase che, tradotta, suona così: «La logica ti conduce da A a B. L’immaginazione ti porterà ovunque». E anche se a pronunciarla è stato Albert Einstein, quando si parla con Piercarlo Ciacchi la tentazione è di attribuirgliene la paternità. Perché se c’è una cosa che non manca a questo ex pilota dell’Aeronautica Militare italiana, nato a Trieste nel 1975, è proprio la capacità di saper guardare oltre, di cambiare prospettiva. E non solo perché la vita lo ha portato a stare poco con i piedi per terra.
Fin da piccolo Piercarlo Ciacchi è stato affascinato dal mondo dell’aviazione. «Ho sempre adorato gli aeroplani. Con i miei genitori facevo due o tre grandi viaggi all’anno ed è incredibile come ancora mi ricordi le sensazioni che provavo quando salivo a bordo. Non vedevo l’ora di viaggiare per vedere da vicino gli aerei. Tra l’altro, all’epoca i piloti chiamavano spesso i più piccoli in cabina. Un gesto, all’apparenza insignificante, ma che poteva segnare il destino di un bambino». Cosa che, con Ciacchi, effettivamente è successa. Anche se, a dire la verità, il suo sogno inizialmente non era quello di fare il pilota: «Volevo diventare un ingegnere per progettare velivoli che potessero volare in modo più efficiente, veloce e performante. Ecco perché mi iscrissi all’università, alla facoltà di Ingegneria».
In quel periodo, però, la vita lo mise davanti ad una scelta: la sua domanda per entrare in Aeronautica, inviata con non troppe speranze, era stata accettata. Che fare? «Alla fine è sempre un discorso di opportunità. Io ho sempre cercato di cogliere tutte quelle che mi si sono presentate davanti. È il mio carattere: dentro di me c’è sempre stata quella ricerca di voler fare qualcosa di nuovo».
Il curriculum del friulano parla da solo: nel 1998 l’ingresso in Aeronautica Militare, poi gli anni come pilota intercettore sul mitico Lockheed F-104, a difendere i cieli della patria. L’esperienza sul General Dynamics F-16 a Trapani, «un aereo molto avanzato in «VOLEVO DIVENTARE UN INGEGNERE PER PROGETTARE VELIVOLI CHE POTESSERO VOLARE IN MODO PIÙ EFFICIENTE, VELOCE E PERFORMANTE»termini di avionica e operatività» e poi il debutto, nel 2005, nelle Frecce Tricolori, a colorare il cielo, tra un’acrobazia e l’altra, con i fumi del tricolore. Poi, alla fine del 2012, la vita di nuovo mescola le carte. Si apre l’opportunità di andare negli Stati Uniti per tornare a volare sull’F-104, ormai dismesso, in Italia, dal 2004. Ciacchi accetta, congedandosi dalle Forze Armate: «L’ho vista come una sfida, un’occasione per crescere interiormente. E l’ho colta». Ma la paura dell’ignoto non è mai stata un freno? «Tendo a rischiare, è vero. Però mai alla cieca. Pondero adeguatamente le decisioni ma, al contempo, accetto più sfide possibili. In fondo, sono innati, nell’uomo, la volontà e l’istinto di spingersi a esplorare il mondo e a raggiungere, continuamente, nuovi traguardi».
Oggi Ciacchi è Direttore Operazioni Volo e pilota alla Starfighters Aerospace, unica azienda al mondo – è basata al Kennedy Space Center, in Florida – con una flotta di velivoli supersonici disponibile sul mercato, vale a dire slegata dal contesto militare. «Ci sono aziende, in campo aerospaziale, che hanno bisogno di testare, in condizioni estreme, equipaggiamenti specifici di nuova concezione» spiega. «Essendo l’F-104, tra gli aeroplani, quanto di più estremo, oggi, disponibile – è in grado di volare in regime supersonico, fino a 2 volte la velocità del suono, e di superare quota 20.000 metri – possiamo replicare in scala i profili di volo suborbitale. In questo modo siamo in grado di addestrare piloti e futuri astronauti oltre che supportare i vari enti nell’ambito della Ricerca&Sviluppo».
«NELL’UOMO SONO INNATI LA VOLONTÀ E L’ISTINTO DI SPINGERSI A ESPLORARE IL MONDO E A RAGGIUNGERE, CONTINUAMENTE, NUOVI TRAGUARDI»Un lavoro, insomma, costantemente proiettato al futuro. Che costringe ad avere coraggio, ad alzare sempre l’asticella, a mettersi in gioco. Una sfida, non solo con se stessi.
D’altronde, le grandi imprese, comprese quelle del mondo dell’aviazione, non sarebbero state compiute senza una buona dose di anticonformismo. Personaggi leggendari come Amelia Earhart, la prima donna pilota a sorvolare, nel 1932, l’Atlantico, o Howard Hughes, con il suo record di circumnavigazione del pianeta in aereo stabilito nel 1938, erano tutto tranne che convenzionali. Caratteristica fondamentale, questa, per essere definito un “pioniere”. Ma Piercarlo Ciacchi, pioniere, un po’ si sente? «In tutta onestà, mi sembrerebbe arrogante definirmi così» racconta il pilota «però di fatto un po’ lo sono. Ed è un aspetto che mi piace tantissimo. La posizione che sono riuscito ad ottenere è incredibilmente gratificante perché mi permette di usare moltissimo la mia creatività e di dare valore al mio know how, a supporto di altre entità, cercando sempre più di superare i limiti».
L’anticonformismo è stato spesso il sale del progresso. Il motore del cambiamento, anche di fronte alle avversità: «Nella vita l’unico fattore che possiamo veramente controllare siamo noi stessi – continua Ciacchi – Ciò che vediamo e sentiamo arriva dall’esterno. Il modo in cui lo percepiamo, invece, dipende dal nostro interno. Penso che le persone che hanno lasciato un segno nella storia avessero questo concetto ben chiaro nella loro testa. Erano uomini e donne consapevoli del fatto che se si ha un controllo su di sé, le situazioni attorno, pur complesse, possono essere affrontate in modo più efficiente ed equilibrato». «LA PERCEZIONE DEL TEMPO È DIRETTAMENTE PROPORZIONALE ALL’ENERGIA CHE METTIAMO NELLE AZIONI IN CUI SIAMO COINVOLTI. PIÙ LE ATTIVITÀ SONO COMPLESSE E PIÙ OGNI MILLISECONDO È IMPORTANTE»E questo vale anche nel rapporto con il tempo. «Mi piace pensare che la percezione del tempo sia direttamente proporzionale all’energia che mettiamo nelle azioni in cui siamo coinvolti» prosegue l’aviatore. «Più le attività sono complesse e più ogni millisecondo è importante». La conferma arriva da un curioso episodio che ha coinvolto il pilota italiano nell’estate del 2019. «Con l’F-104 abbiamo dovuto intercettare un velivolo Gulfstream 650 che stava volando per battere un record mondiale di circumnavigazione della Terra attraverso i poli, con partenza e arrivo al Kennedy Space Center, in Florida. Dovevamo scortarlo prima dell’arrivo al traguardo, dopo quasi cinquanta ore di volo. Un’azione complessa perché avevamo pochissime informazioni a disposizione e un margine di errore di una manciata di secondi. Ma credo di dare il meglio di me quando la gestione del tempo è critica. E il sincronismo è stato raggiunto».
E se dovesse arrivare l’insuccesso? Come si supera? E, soprattutto, come si vince la paura di fallire di nuovo? «Troppo spesso, fin da piccoli, veniamo istruiti ad avere degli obiettivi, ad essere focalizzati solo sul traguardo e non sul percorso. In questo modo, però, se manchiamo l’arrivo viviamo l’esperienza come una sconfitta. Penso a me stesso, ad esempio. Ero partito per essere un ingegnere. Se mi considerassi in base a questo presupposto, avrei fallito. Dobbiamo ricordarci, invece, che «I NOSTRI OBIETTIVI CAMBIANO CONTINUAMENTE, UN TRAGUARDO CHE POTEVA ESSERE IMPORTANTISSIMO PER NOI CINQUE ANNI FA, OGGI POTREBBE NON VALERE NULLA. È IL PERCORSO CHE FA LA MAGIA, NON L’ARRIVO. ALL’ ARRIVO È FINITO TUTTO»i nostri obiettivi cambiano continuamente e che un traguardo che poteva essere importantissimo per noi cinque anni fa, oggi potrebbe non valere nulla. È il percorso che fa la magia, non l’arrivo. All’arrivo è finito tutto».
Ma è possibile pensare al tragitto e non al traguardo ed essere allo stesso modo ambiziosi? «Assolutamente sì. Io, anziché concentrarmi su quello che vorrei essere tra un certo numero di anni, mi godo il momento. Mettiamo che mi focalizzassi solo sul raggiungimento di un particolare progetto futuro con l’F-104. Se il programma con quel velivolo sparisse mi sentirei perso. In fondo, si tratta solo di dove direzioni le tue energie. Se il percorso è interessante, anche se non raggiungi l’obiettivo non ti fermi perché sei aperto a più opportunità».
Con un approccio di questo tipo, Ciacchi si annoia mai? «Direi di no. Per me provare noia significa che non sto imparando, facendo o interagendo con nessuno. E questa cosa mi fa sentire morto. «PER ME PROVARE NOIA SIGNIFICA CHE NON STO IMPARANDO, FACENDO O INTERAGENDO CON NESSUNO»Se non volo faccio altro: vado in montagna, in bici, a nuotare, sto con la mia famiglia. E non ricordo di essermi mai trovato seduto sul divano senza sapere cosa fare. Se accadesse significherebbe che in quel momento non ha molto senso ciò che sto facendo». D’altronde lo diceva pure Nietzsche: «La vita non è cento volte troppo corta per annoiarsi?»
Link: https://www.corriere.it/studio/Longines-LF1-Pionieri-Longines-Spirit/